Il Marocco è sempre stato uno di quei posti che ha sempre stuzzicato la mia curiosità. Ho un debole per i paesi del Mediterraneo, così diversi ma in fondo così simili, accomunati da un unico filo conduttore che risale alla notte dei tempi. Ed è proprio così che mi è sembrata Marrakech, un perfetto caos a colori. I colori caldi della terra, i souk e lo street food mi hanno subito ricordato i mercati del Sud Italia, ma allo stesso tempo il canto del muezzin, il profumo di thè alla menta e il labirinto della medina mi hanno riportato ad immaginari da mille e una notte.
Marrakech è molto diversa dalle altre città marocchine: camminare o guidare risulta un’impresa con tutti i motorini o gli asini che ti tagliano la strada. È caotica, un po’ sporca e turistica, ma allo stesso tempo enigmatica, magica e autentica.
Marrakech ti sconvolge
Ricordo ancora la sensazione di spaesamento appena arrivati. Una volta usciti dall’aeroporto, siamo rimasti sorpresi dai tantissimi autisti mandati dai vari riad (tipiche case marocchine adibite ad uso turistico, i nostri bed & breakfast in sostanza) pronti ad accogliere i turisti e a portarli a destinazione.
Anche noi avevamo scelto questa opzione e non ci restava che cercare il nome del nostro riad tra i tanti cartelli. Dopo circa dieci minuti, il nostro autista si è materializzato e in circa venti minuti ci ha condotto nel bel mezzo della medina, dove era situato il nostro riad. L’autista parlava pochissimo inglese e l’impatto con la città è stato forte: ad un certo punto ha parcheggiato e per un po’ ha atteso con noi l’arrivo di una donna, che ci ha fatto segno di seguirla attraverso dei vicoletti fino all’ingresso di un sottopassaggio dove era situato l’ingresso del riad.
Abbiamo scoperto subito dopo che la donna era la proprietaria del nostro magnifico riad, ma è stato tutto molto veloce, in un contesto così diverso dal solito da lasciarci un po’ perplessi. C’erano case in costruzione e operai al lavoro senza alcuna struttura di protezione, venditori ambulanti con asinelli, commercianti che vendevano carne e verdura in locali molto spartani. Tuttavia l’accoglienza del Riad El Filali è stata così calorosa da farci subito dimenticare l’incertezza iniziale.
La colazione marocchina è stata una delle migliori che abbia mai provato: mensmen caldi ( pancake marocchini) con burro, marmellata e miele e thè alla menta. Il riad è stato per tre giorni la nostra oasi di pace, lontano dal rumore e calore cittadino.
Marrakech da scoprire
Cosa vedere a Marrakech? Un sacco di cose direi. Il primo giorno abbiamo iniziato esplorando la medina, passando attraverso i diversi souk, fino ad arrivare a piazza Jemaa el Fna, tanto affascinante quanto stressante. Qui tutti cercano di venderti qualcosa, di spillarti soldi scattando foto con i serpenti o con le povere scimmie legate e sfruttate per fare affari con i turisti. Attraversando la piazza, abbiamo proseguito in direzione di un edificio che mi ricordava tantissimo la Giralda di Siviglia, la moschea della Koutubia, la più grande di Marrakech per poi dirigerci verso il Cyber Park Arsat e rilassarci un po’ all’ombra delle tante piante, di cui il parco è pieno.
All’ora di pranzo ci siamo di nuovo intrufolati nella medina e casualmente siamo finiti in uno dei ristoranti più famosi di Marrakech Le Nomad. Dalla terrazza di questo ristorante abbiamo goduto di una vista pazzesca sulla medina e sui souk, abbiamo goduto del caldo sole di maggio, gustando succhi di frutta fresca e piatti vegetariani di ottima qualità. Il resto della giornata è trascorso senza programmare altri itinerari ma vagando a zonzo per il labirinto della medina, cercando di osservare con discrezione la quotidianità della gente del luogo.
Il secondo giorno è stato più impegnativo, iniziando la giornata con i famosi Jardin de Majorelle, dodici acri di verde, fra piante rare e cactus vertiginosi, laghi coperti di fiori di Lotus, fontane e percorsi ombreggiati pieni di fascino. Questo è uno dei posti più fotografati di Marrakech ed è facile capire anche il perché: i colori sono brillanti e vivaci e si va dal giallo intenso al blu cobalto, che ha reso famoso l’artista francese ideatore del giardino, Jacques Majorelle, che oggi porta il suo nome “blu Majorelle” Nel 1980 il Giardino Mjorelle è stato acquistato da Pierre Bergé e Yves Saint-Laurent e qui sono state sparse le ceneri del noto stilista, dopo la sua morte avvenuta nel 2008.
All’uscita dei giardini, abbiamo contrattato con un tassista e per circa 10 € siamo andati ai giardini del Palmeraie, un’oasi a pochi chilometri dalla città piena di palme ovviamente, per poter vedere cammelli e dromedari.
Una volta ritornati in centro, abbiamo pranzato al ristorante un Déjeuner à Marrakech, anche qui in terrazza e anche qui il cibo era ottimo! Recuperate le energie, la seconda parte della giornata è stata dedicata alla visita del Palazzo Bahia, imperdibile capolavoro dell’architettura marocchina.
Successivamente ci siamo spostati nella Kasbah per visitare il complesso delle Tombe Sa’diane, il tesoro nascosto di Marrakech, venute alla luce solo nel 1917. Le Tombe risalgono al tempo del sultano Ahmad al Mansur al-Dahabi(1578-1603). Il mausoleo comprende i corpi di circa sessanta membri della dinastia Sa’adiana originaria delle valle del fiume Draa. Tra i sepolcri ci sono quelli di Ahmad al-Mansur al-Dahabi e della sua famiglia. La costruzione è composta da tre stanze. La più famosa è la stanza delle dodici colonne. Questa stanza contiene il sepolcro del nipote del sultano Ahmad al-Mansur al-Dhahabi.
Il resto del pomeriggio è stato dedicato ad acquistare e soprattutto contrattare borse di pelle, teiere in argento e spezie, adocchiate il giorno prima durante le tante passeggiate tra i souk. Purtroppo la scuola coranica Madrasa di Ben Youssef era chiusa per lavori di ristrutturazione, ma resta sicuramente una delle cose imperdibili di Marrakech.